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Ricette Cucina Nel Mondo!

RICETTE LIGURI
Ricette liguria del mondo in modo semplice e chiaro per tutte coloro che si cimentano in culinaria a preparare piatti prelibati e gustosi. La raccolta di cucina ligure più grande mai vista.

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liguria: ricette ricetta gastronomia cucina ligure
RICETTE LIGURIA
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Acciughe alla sanremasca
Acciughe in teglia
Agnello con carciofi in fricassea
Baccalà alla genovese
Budino di castagne alla ligure
Buridda di pesce alla ligure
Calamaretti in umido alla genovese
Cannolini in brodo
Cardi ripieni alla genovese
Cima alla genovese
Corzetti alla ligure
Cozze alla spezzina
Dentice farcito 2
Fagiolini alla genovese
Fagiolini alla genovese 2
Fagiolini alla ligure
Farinata 04
Farinata 10
Farinata di savona
Farinata ligure
Fettine alla genovese
Filetto piccante al brandy
Fiori ripieni alla ligure
Focaccia di recco
Focaccia di recco 2
Focaccia di recco 3
Frittelle liguri ai ceci
Funghi porcini con patate alla ligure
Involtini di pesce persico
Liguria link
Linguine alla ligure
Lumache alla ligure
Mesciua
Mesciua 2
Mesciua 3
Mesciua con mais
Mietti
Minestra alla genovese
Minestra di trippe alla genovese
Minestra spezzina
Minestrone alla genovese
Minestrone alla genovese con verdure
Moscardini alla ligure
Moscardini alla spezzina
Pan bagna' ligure
Pandolce alla genovese
Panettone genovese
Panettone genovese 2
Pansoti al sugo di funghi
Pansoti alla genovese
Pansotti al sugo di noci
Pasta genovese
Pastina alla ligure
Pennette alla gigia
Pesto alla genovese
Pesto alla genovese 2
Pesto alla genovese 3
Pesto alla genovese 4
Pesto alla genovese 5
Pesto alla genovese 6
Pesto alla genovese 7
Pesto di ponente 2
Pesto ligure
Polipo alla ligure
Polpette alla genovese
Pomodori alla ligure
Rane alla genovese
Riso alla genovese
Riso alla genovese 2
Rombo ai porcini
Salsa genovese
Salsa genovese 2
Salsa genovese alla napoletana
Salsa genovese per pasta
Scorza nera alla ligure
Spigola arrosto alla ligure
Spinaci alla genovese
Sugo di carne alla genovese
Tagliatelle sanremo
Tonno alla genovese
Tonno alla genovese 2
Tonno alla livornese
Torta genovese
Torta pasqualina di carciofi
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INTRODUZIONE CUCINA LIGURE

Sulla cucina ligure ci sono almeno due luoghi comuni da sfatare: la sua pretesa povertà e la credenza che la vuole soprattutto marinara. Nulla di più falso riguardo alla povertà: la cucina ligure è ricca, fornitissima di ingredienti e di sapori e, non di rado, anche molto laboriosa e costosa. Per quanto riguarda il pesce, basta guardare le ricette della tradizione: questo alimento vi compare molto più di rado di quanto ci si potrebbe aspettare da una terra tutta affacciata sul mare e, quand'anche esso è presente, è così elaborato e arricchito di sapori da risultare, al palato, quasi irriconoscibile. Il fatto è che i genovesi e i liguri, gente di mare più per necessità che per vocazione, hanno amato sopra ogni altra cosa la loro casa, la loro terra con i piccoli orti soleggiati e ossigenati dall'aria marina, dove crescevano ogni specie di ortaggi teneri e gustosi e le piante aromatiche più varie e profumate. Quegli stessi ingredienti che compaiono in tutta la cucina ligure, rendendola unica e inconfondibile.
La Cucina ligure è anche azzurra poiché marinara, con pesci e crostacei da scoglio e profondità del Golfo Ligure. Pesci azzurri come le acciughe, le orate e gli splendidi bianchetti, oppure altri quali i pesci luna, i saraghi ed i branzini.
La cucina ligure è stata anche molto arricchita da apporti esterni poiché, nel corso dei secoli, i commerci attivati dalla Repubblica Marinara di Genova, hanno introdotto l'uso di alimenti come lo stoccafisso ed il baccalà, prodotti in paesi lontani, ma che hanno dato vita ad una molteplicità di piatti dal gusto forte come la zuppa detta "Buridda".
Anche la vicinanza con la Francia e l'esteso territorio provenzale, ha contribuito a scambi di cui troviamo tracce qua e là. Tracce e segnali che provengono da tutto il sud-ovest dell'Europa: è infatti incredibile quanti elementi gastronomici ricorrenti vi siano fra la cucina ligure, e quella Catalana, quella Provenzale e quella Portoghese. Numerose sono inoltre le testimonianze di piatti con assonanze mediterranee: si trovano sorprendenti analogie con le gastronomie spagnole, mussulmane e sicule.

CUCINA LIGURE

La cucina ligure è intelligente e attenta, capace di sfruttare ogni elemento che la terra, il mare e il lavoro dell'uomo producono. In questa regione, non esistono larghe pianure e quindi non sono presenti allevamenti di bestiame.
Nella cucina popolare,dunque, scarseggia l'uso delle carni suine e bovine e la dieta dei liguri è necessariamente 'di magro', ovverosia sostanzialmente priva di carni.
In compenso però la natura ha donato a questa piccola mezzaluna di terreno fertile un vero e proprio patrimonio di erbe domestiche e selvatiche che - data l'abbondanza delle piogge - crescono rigogliose. Ricordiamo,ad esempio, il rosmarino, la maggiorana, il timo, la salvia, la borragine ed un basilico eccezionale, dalle foglie ampie e profumate che è l'ingrediente base per una salsa verde che ha fatto il giro del mondo: il pesto. In una regione dove mare e montagna si incontrano è presente una gastronomia varia con alimenti di mare e altri di terra.
Molte sono le ricette "di terra" immutate attraverso i secoli,saporite,profumate e semplici: dalle troffie al pesto, alla farinata, alla trippa alla genovese molto più delicata ai pansotti.
Vi è poi la cucina "di mare". Una cucina ralizzata con Pesci azzurri come le acciughe, i limonetti e gli splendidi bianchetti, oppure altri quali i pesci luna, i saragli ed i branzini.
Genova è stata una città ricca di commerci grazie anche al suo ruolo di repubblica marinara. Sono stati introdotti così l'uso di alimenti come lo stoccafisso ed il baccalà, prodotti in paesi lontani ma che hanno dato vita ad una molteplicità di piatti dal gusto forte come la zuppa detta "Buridda".

La cucina ligure risente, come è ovvio che sia, della sua terra. È pertanto cucina sia di mare che di terra, secondo il naturale connubio delle due anime che contraddistinguono il territorio ligure: il mare e l'entroterra.
La cucina ligure varia però attraverso i secoli secondo il tipo di commensale cui si fa riferimento ed i luoghi in cui egli vive. Si passa così da piatti che sono di tradizione popolare, a piatti che sono elaborati sulle tavole dei potenti e dei ricchi.
La cucina utilizza per lo più alimenti che il luogo offre. Vi sono piatti che hanno alla base cose povere, come le erbe o altro (per esempio le castagne). Diffuso è anche l'utilizzo delle erbe. Si tratta di piatti che appartengono per lo più dalla mensa del contandino ligure che, con la propria tenacia, ha domato l'asprezza dei luoghi per poterli coltivare; ma ancor maggiormente appartengono alla tavola degli abitanti delle zone più montane ed impervie.
Ugualmente, la cucina ligure risente della contaminazione di altri luoghi ed popoli con i quali nell'arco dei secoli i liguri ed i genovesi sono entrati in contatto, soprattutto per commercio, conquiste. Ecco così che oltre che ad essere una cucina "localizzata", al suo interno troviamo contaminazioni preziose. In questo senso, la cucina ligure si arricchisce di esperienze diverse.
Basti poi pensare alle spezie (oltre ai tradizionali odori o sapori) che anche nei tempi antichi erano cosa di uso comune in Liguria ma in altre regioni di uso piuttosto raro. Particolare, poi, è l'impiego del sale, così prezioso per la conservazione dei cibi: senza sale non esisterebbe per esempio la focaccia, tipica di questi luoghi ed unica, anche se oggi imitata altrove.
Altra anima della cucina è il mare: ci sono i piatti nati a bordo e quelli nelle case, nelle famiglie che restavano a casa o al ritorno dei congiunti.
Rispetto al discorso contaminazioni fra cucine regionali vicine ed il mare che bagna l'esteso arco ligure, si pensi all'enorme quantità di cibi, spezie e nuovi alimenti provenienti da altre città italiane o paesi e continenti (Americhe, Asia, Medioriente) si sia riversata in Italia ed in Europa attraverso Genova. Sino a poco tempo fa erano presenti in porto i vecchi silos del grano: impressionanti da vedere, così come quelli di altre materie.
Trovo luogo così anche il porto nella tradizione culinaria: c'entra il lavoro … si parte da quello contadino e montano, si passa attraverso il commercio o la conquista e si arriva al lavoro del porto ed a quello operaio delle grandi industrie, oggi ormai scomparse.
Infine c'è la cucina dei giorni di festa e poi quella del nostos (ritorno) dei naviganti a casa e quella delle ricchissime mense dei potenti: dei Dogi, dei futuri Papi, dei conquistatori dei mari.
Per storia e radici si può dire che la cucina ligure sia la vera cucina mediterranea. In apparenza povera, perché fatta di alimenti oggi semplici e comuni, la cucina ligure è tuttavia nella storia ricca e piena dei fasti antichi, ma anche appunto di quella semplicità che è propria delle genti delle campagne, dei monti e di mare. By Wikipedia

La bandiera di questa cucina è senza dubbio il pesto.
La Liguria è la regione che comprende il versante tirrenico delle Alpi e una parte di quello appenninico e si affaccia sul mare Tirreno: la costa si divide fra la Riviera di Levante elevata e aspra e la Riviera di Ponente più aperta anche se le colline arrivano fino al mare formando una serie di promontori; la zona pianeggiante e la piana di Albenga formata dalle alluvioni del fiume Centa. Il riparo offerto dalle catene montuose e la vicinanza del mare conferiscono a questa regione un clima straordinariamente mite, che favorisce l'agricoltura. Si possono distinguere tre zone agricole: quella che si sviluppa nelle zone pianeggianti allo sbocco delle valli maggiori, lungo il mare e nelle più basse pendici delle colline dove si producono ortaggi, fiori e piante, alberi da frutta, olivi e vite. Vi è poi la zona della media montagna litoranea caratterizzata oltre che dall'olivo e dalla vite, anche da cereali, patate e foraggi; e il terreno, sopra i 600 metri, coperto da boschi e castagneti. La terza zona costituita dai pendii montuosi e dalle vallate del versante padano coltivata a seminativi, prati, vigneti, cui succedono verso l'alto boschi, prati e pascoli. Poco diffuso - vista la ristrettezza dell'entroterra - è l'allevamento del bestiame, mentre gli abitanti del litoraneo si dedicano soprattutto alla pesca.
Mare e montagna sono dunque gli elementi geografici che caratterizzano la cucina ligure molto ricca e varia grazie alla vasta gamma dei prodotti locali oltre che agli apporti dei traffici commerciali di Genova, porto storicamente importante, città che da sempre domina incontrastata tutta la regione. Ma la cucina ligure si distingue anche per la laboriosità della sua gente parsimoniosa, capace di sfruttare ed elaborare ogni frutto della terra, dei fiumi e del mare. La gastronomia ligure armonizza infatti i prodotti del bosco (che fornisce funghi, tartufi neri e frutti di bosco), dell'orto e del mare.

CUCINA TIPICA LIGURE
PRODOTTI TIPICI DELLA LIGURIA

Ricette della riviera di ponente
La riviera di ponente è quel tratto di costa ligure che si estende da Genova a Mentone la cui caratteristica è una costa alta in cui però si aprono numerose e pittoresche insenature ricche di giardini, uliveti e frutteti.
Essendo un territorio in cui domina il mare, la gastronomia è tutta dedicata al mare e il pesce è dunque il protagonista assoluto. Grande risorsa di questo mare che sin dall'antichità ha attirato molti popoli sono le alici.
Si narra che un tempo i pescivendoli di Genova un tempo portavano con i loro carretti nelle strade al grido «Vendo l'argento del mare!».
La cucina marinara è particolarmente elaborata rispetto a quella della riviera di Levante probabilmente per l'influenza della gastronomia francese dovuta sia alla vicinanza geografica sia a ragioni storiche.
Il pesce è l'elemento fondamentale anche per i primi piatti: risotti, ravioli, pasta asciutta o in forno.

Ricette della riviera di levante
La riviera di levante è quella zona costiera della Liguria che si espande da Genova al Golfo di La Spezia.
La costa è alta e rocciosa poiché le catene montuose corrono vicinissime al mare.
Anche in questo territorio domina una cucina del mare che però è rimasta immutata nel tempo e ha saputo mantenere le proprie caratteristiche di semplicità e genuinità.
Si tratta dunque di una Gastronomia semplice nella quale sono fondamentali sia il pesce che gli ortaggi.
La gastronomia di questo tratto di costa si differenzia dalla riviera di Ponente poiché la carne è presente in modo molto modesto poiché il terreno non fornisce condizioni ideali per l'allevamento.
Piatto popolare e che viene preparato in mille modo differenti è la trippa.

La gastronomia dell'entroterra ligure
La Liguria dell'entroterra, è una Liguria di pietra, immobile, ferma nel tempo ricca di territori particolari ed intriganti, di sentieri ripidi, di torrenti dai massi levigati, di ulivi che arricchiscono il paesaggio di un tratto ancora più antico.
La terra è qui molto avara e gli abitanti hanno dovuto imparare a lottare e a sfruttarla nel miglior modo possibile piantando ulivi e vigneti, trasformando in coltivazioni di ortaggi pregiati le rare zone realmente coltivabili.
La gastronomia di questa zona ha alcuni elementi fondamentali: l'olio realizzato dai tanti amati ulivi, la produzioni dei frutteti e degli orti, e, soprattutto, la produzione di erbe aromatiche spontanee o coltivate che racchiudono come un'unica, profumata cornice, tutti i piatti della regione.
Fra tutte le erbe domina il basilico che qui cresce con un sapore diverso,dal colore verde intenso e dal sapore dominante.
Tra le altre pregiate erbe aromatiche va ricordato il preggiobon, un insieme di erbe spontanee che comprende bietole, dente di cane, borragine, cerfoglio, cappuccio selvatico, pimpinella e altro. Sbollentate e scolate bene, queste erbe vengono tritate e utilizzate nel ripieno dei ravioli liguri insieme con ricotta e carne.
L'origine del nome è incerta: alcuni la fanno risalire al passaggio da Genova di Goffredo di Buglione, i cui soldati andavano a cercare cibo "pro Buglione".

Prodotti tipici tra Storia e curiosità… della liguria

La farinata
E' un prodotto tipico ligure ed è un'invenzione delle truppe romane che occupavano Genova.
Per sfamarsi con poca spesa e con molta rapidità infornavano una miscela d'acqua e farina di ceci, prodotto povero ma nutriente. Dal capoluogo ligure, dove nacque duemila anni fa, la farinata si irradiò in tutte le zone limitrofe.

La torta paqualina
E' un altro piatto simbolo della cucina ligure. Era già preparata nel 1400, soprattutto in primavera, sotto le feste di Pasqua. Da qui, il nome. E' composta da un insieme di sfoglie sottilissime, riempite con carciofi, bietole e uova.

Torta pasqualina

Ingredienti:
600 gr. di farina; 500 gr. di bietole; 8 uova; alcuni funghi secchi; mezza cipolla; 300 gr. di quagliata (in la famosa "prescinseua") o in alternativa ricotta; parmigiano grattugiato; la mollica di un panino; latte; olio extravergine d'oliva; sale; spezie miste.

Preparazione
Impastare la farina con mezzo bicchiere d'olio ed acqua sufficiente in modo da ottenere una pasta morbida. Dividerla in tante pallottoline grandi non più di un uovo. Mettere le pallottole su un tagliere infarinato e lasciarle riposare per 2 ore con un canovaccio sopra. Nel frattempo pulite, lavate e lessate per 10 minuti le bietole. Quindi scolatele e strizzatele. In una casseruola fate rosolare in poco olio i funghi e la cipolla tritata. I funghi vanno precedentemente ammollati per pochi minuti in acqua tiepida. Dopo pochi minuti ritirate dal fuoco e fate intiepidire. In un terrina sbattete le quattro uova, unite un pugno pieno di formaggio grana grattugiato, la mollica bagnata nel latte e strizzata ed infine la quagliata. Mescolare bene e versare il tutto sulle bietole, amalgamando bene e salando con tre pizzichi si sale o più secondo piacere. Ungere una teglia di circa 25 cm. di diametro. Prendere una pallottola di pasta e lavorarla ed allargarla sino a ricavarne un disco il più possibile sottile e grande sufficientemente per ricoprire abbondantemente la teglia. Poggiare la sfoggia sulla teglia in modo che ricopra i bordi. Ungere la superficie e ripetere l'operazione con un'altra sfoglia. Versare quindi sulle due sfoglie il ripieno. Unire al ripieno le rimanenti quattro uova sode che avrete in precedenza bollito, avendo cura di tagliarle in due. Prendere infine le pallottole rimaste e ricavarne sfoglie che dopo averle unte andranno stese sulla teglia sopra il ripieno. Esaurite le sfoglie stesse premere bene sul bordo, tagliare la pasta in eccedenza e rivoltare verso l'interno i margini in modo da formare l'orlo. Ungere leggermente l'ultima sfoglia e mettere in forno caldo a 190° fino a quando la pasta non avrà assunto un bel colore dorato. (circa 30 minuti).

Il pesto
Nel 1800, codificando la cucina genovese si nomina il pesto come "battuto al sapore dell'aglio" e così ne definiscono la composizione:uno spicchio d'aglio, basilico, formaggio sardo e parmigiano, grattugiati e mescolati insieme, olio d'oliva extravergine.
Il nome Pesto deriva essenzialmente dall'antico metodo di preparazione di questa salsa, cioè attraverso la pestatura nel famoso mortaio rigorosamente di marmo con l'utilizzo del pestello, quest'ultimo di legno.
Questo efficace metodo consente infatti alle foglie di sprigionare tutto il loro sapore. Il vecchio pestello di legno schiaccia le foglie sfibrandole, grazie al movimento rotatorio impresso dal polso di chi batte. Così "stracciato" il basilico cede tutto il suo sapore.

Come si usa il Pesto?
Condimento per ogni genere di pasta (eventualmente con una piccola aggiunta di buon olio extra vergine di oliva) specialmente trofie, trenette e gnocchi di patate. Un cucchiaio di pesto nella minestra di verdura aggiunge sapore particolare e profumo gradevole. Lasagne al forno con il Pesto al posto del ragù è piatto speciale che ogni buongustaio non potrà che apprezzare per gusto e raffinatezza.
La ricetta:
40 foglioline piccole di basilico fresco, una cucchiaiata di pecorino sardo, 4 cucchiai di formaggio grana, una manciata di pinoli, olio extravergine d'oliva (ovviamente ligure..!), aglio, sale.
Certo, la vera preparazione dovrebbe essere in mortaio, mettendoci le foglioline di basilico, i pinoli, l'aglio e il sale e schiacciando il tutto con il pestello fino ad ottenere un composto omogeneo. Poi si dovrebbe unire il formaggio e, sempre rimestando, versare poco alla volta l'olio a filo, avendo cura di far amalgamare bene il tutto.
Ma in mancanza di mortaio (o di tempo) anche il frullatore può fare la sua parte:Lavare le foglie di basilico e asciugarle fra due tovaglioli senza premerle. Introdurle nel frullatore con i pinoli, un po' d'olio, aglio e sale. Frullare brevemente. Aggiungere i due formaggi e finire di frullare. Versare nella terrina e amalgamare la salsa ottenuta con il rimanente olio mescolando con il cucchiaio di legno. Qualche istante prima di condire la pasta se si desidera un pesto meno denso,diluirlo con una cucchiaiata di acqua di cottura della pasta stessa. Gastronomia della Liguria
Genova

Nella zona portuale caratteristiche sono le friggitorie, dove si trovano la farinata, la focaccia (solo in Liguria è così morbida e fragrante), la panissa (polenta di farina di ceci) fritta, torte di bietole e di carciofi, e i tradizionali frisceu (frittelle). Altre specialità sono le trenette, le trofie al pesto e i pansotti conditi con la salsa di noci.
Imperia
Specialità del luogo sono la torta di verdure e riso, le tagliatelle verdi con borragine e una zuppa di pesce detta buiabesa, analoga alla bouillabaisse della vicina costa francese.
La Spezia
Specialità caratteristiche del golfo spezzino sono i datteri di mare (molluschi), i moscardini (minuscoli polipi) e i muscoli. Tipica minestra spezzina è la mesciua (zuppa di ceci, fagioli e frumento).
Savona
Caratteristica produzione di farinata e panissa (polenta di farina di ceci). Nelle pasticcerie si trovano gli amaretti di Sassello e altri, analoghi, di fabbricazione locale.
I Vini delle Cinque Terre
Le prime testimonianze storiche sulla qualità del vino delle Cinque Terre sono celebrate da Plinio, (I sec. D.C.), che lo nomina come il migliore di Etruria. Il Boccaccio nel Decamerone fa porgere all'abate di Clignì da Gino di Tacco un grande bicchiere di "Vernaccia di Corniglia ". Il Petrarca ne parla nell'Aphrica e Dante nel sesto cerchio del Purgatorio al Canto XXIV.
La terra è aspra, sassosa, poco fertile e non irrigata così i grappoli non sono molto grandi e gli acini contengono poca acqua.
L'esposizione a un sole forte e a venti di mare che costringono a potare basso la vite. Questa viene così coltivata su pergoli mediamente a non più di un metro dal suolo e il lavoro è spesso svolto in ginocchio.
L'uva oltre ricevere un forte calore anche dal suolo è aromatizzata dalle nuvole di salmastro che salgono quando il mare è in tempesta e dalle numerose essenze vegetali che spontanemente e irriducibilmente crescono sulle terrazze.
Alla vendemmia l'uva viene trasportata a spalla o sulla testa con ceste nelle cantine dei borghi, e si devono percorrere anche notevoli distanze sulla rete di sentieri verticali e orizzontali delle Cinque Terre.
Recentemente sono state installate per questo uso diverse monorotaie a cremagliera.
Il vino bianco delle Cinque Terre, un vino DOC, è di color giallo paglierino con sapore secco caratteristico e profumo delicato, e viene prodotto da una mescolanza dei tre vitigni tipici, uve bosco, vermentino e albarola.
Lo Sciacchetrà, nome caratteristico del passito delle Cinque Terre, è un vino DOC, di colore tra il giallo ambrato, dal gusto dolce caratteristico e profumo delicato, eccellente. Un litro di Sciacchetrà viene prodotto dalla spremitura di acini di uva passita equivalente a dieci kg. di uva fresca. Poi un lungo periodo di invecchiamento. Un vino raro.
Importante per il vino delle Cinque Terre, la Cooperativa di Riomaggiore in località Groppo, una frazione di Manarola.

La cucina tipica delle Cinque Terre
La cucina delle Cinqueterre è sostanzialmente quella tradizionale ligure anche se l'isolamento secolare ha determinato variazioni nella elaborazione di alcuni piatti tipici e la creazione di alcuni piatti locali. Quello che rende peculiare questa cucina è la qualità dei prodotti locali, straordinariamente profumati e saporiti, dovuta alle particolari condizioni agronomiche e climatiche.
Le verdure e gli ortaggi coltivati in fazzoletti di terra, il basilico, la maggiorana, la salvia, insieme a essenze spontanee come l'origano, il rosmarino, il timo o le famose "erbette", colte sul finire dell'inverno, oltre al prezioso olio di oliva sono elementi essenziali della cucina delle Cinque Terre.
Questi ingredienti li troviamo nei ripieni o nel condimento di paste fresche come i "pansotti", le "trofie", le "trenette" o in piatti tipici come la "cima", nel "minestrone" o nelle cosidette torte di verdura come la "pasqualina" o nella storica zuppa ligure il "Prebuggiun" o "Burbugiun", contrazione di "Per Goffredo di Buglione", ricordo di accadimenti alla prima crociata.
Altro elemento essenziale della cucina delle Cinque Terre è la qualità e la varietà dei pesci dell'omonimo golfo, dotato di un habitat ineguagliabile: saraghi, mormore, branzini, orate, dentici, triglie... e le famose acciughe di Monterosso. Uniche per afrore, colore, sapore, con queste ultime viene preparato un piatto tipico, il "tian de anciue". Le acciughe di Monterosso vengono anche salate in recipienti di vetro chiamati "arbanelle" e sono rinomate in tutta la Liguria.
La ristorazione locale è generalmente buona ed è specializzata in piatti di pesce, crostacei e molluschi cucinati con maestria e in piatti della tradizione ligure e locale, come le varie paste condite con il pesto.

STORIA DELLA CUCINA LIGURE

La Liguria è la più piccola regione italiana con un tasso di popolazione molto alto; anche per questo la cucina ligure è parsimoniosa, capace di sfruttare ogni elemento commestibile che la terra, il mare e il lavoro dell'uomo producono. Molto diffuso è l'uso delle piante selvatiche che - data l'abbondanza delle piogge - crescono rigogliose: basterà pensare che la borragine ancora oggi in molte zone sostituisce gli spinaci nel ripieno dei tortelli e nella ormai famosa "torta Pasqualina", torta salata formata da pasta sfoglia con ripieno di erba (bietola, spinaci, borragine) così chiamata perché è un piatto tradizionale per le feste pasquali forse perché la primavera è la stagione in cui i prati e gli orti offrono grande quantità di ortaggi.
I ripieni caratterizzano da sempre questa cucina; sono costituiti da ingredienti poveri ma molto gustosi: gli ortaggi vengono mescolati con erbe aromatiche, formaggi, uova, pinoli, pistacchi ecc. Fra le piante aromatiche il basilico è dominante: quello ligure ha la foglia piccola ed è abbondante quanto profumato: ha molti usi; fra tutti ricordiamo il pesto alla genovese ormai diffuso ovunque, un condimento per pasta così chiamato perché un tempo si otteneva pestando nei mortai di pietra (oggi sostituiti da apparecchi elettrici) basilico, pinoli, aglio e formaggio invecchiato.
Oppure pensiamo alla cima denominata alla genovese ma diffusa in tutta la Liguria e nelle zone limitrofe: una tasca di pancia di vitella riempita con verdure, ricotta, pistacchi, formaggio, lingua e quant'altro, cucita e cotta nell'acqua o al forno; un piatto ricco e gustoso di antichissima tradizione, la cui ricetta si trova già nel "Libro de arte culinaria" di Maestro Martino che operò presso molte corti intorno alla metà del XV secolo. Così fornisce la ricetta denominata "Per far una ventresca di vitello piena". "Piglia la pancia del vitello et fagli un bugio (= buco) nel canto (= lato) tanto che tu ce possi mettere il pieno, il quale deve essere de queste cose sotto infrascripte, cioè: de bon caso vecchio, quattro ova, un pocho di pepe un pocho rotto, un pocho di zaffano, de uva passa, et un pocho de petrosello et maiorana et menta baptuta bene; et meschia tutte queste cose inseme. Et dapoi mettile in la ditta pancia, et ponila a cocere allesso, et fa' che sia ben cotta." come pure ci offre la ricetta della minestra d'erbe: "Togli le foglia di viete (= bietola), et un pocha di borragine et fagli dare un boglio in acqua chiara bogliente quando le mitti dentro; dapoi cacciale fore et battile molto bene col coltello. Et togli un pocho de petrosillo, et di menta cruda, et similemente le batti co le ditte herbe. Dapoi macinale bene nel mortale, et mittile in una pignatta con brodo grasso et falle bollire un pocho. Et se ti pare mettevi un pocho di pepe."
In questo trattato vi è inoltre ricordata la torta di riso ancora in uso: "Lava il riso et nettalo molto bene, et fallo cocere in lacte o in bono brodo grasso tanto che sia ben cotto; et poi il cavarai fora sopra ad un tagliero et lassaralo asciucchare et pigliarai un pocho di bono cascio frescho pistato molto bene giungendovi dece bianchi d'ova, del zucchero et dell'acqua rosata. Et anchora piacendoti vi poterai mettere un pocho di lacte quanto tene un piccholo bicchieri. Et mescolato bene ogni cosa inseme la metterai bene a cocere in la padella..."
E ancora la famosa gattafura: "Piglinsi struccoli overo agretti (= formaggini spremuti di sapore acidulo), i quali sono casci freschi fatti d'un giorno senza sale, e quando hanno alquanto del forte sono assai meglio; pestisino nel mortaro tanto che venghino come butiro, e si mescolino con biete trite et un poco di menta battuta e pepe pisto; poi abbisi uno sfoglio di pasta e stendasi sopra il suolo di rame onto di butiro; e pongasi sopra esso foglio la composizione che non sia alta più di mezzo dito, e sopra essa composizione spargasi olio dolce e coprasi con un altro foglio sottilissimo, e facciasi cuocere nel modo sopradetto (cioè nel forno o nei testi), e servasi calda perché fredda non val niente; è ben vero che molte volte si riscaldano sopra la graticola; et in questo modo si possono fare ancora nelle tortiere."
Ma la cucina ligure è ricordata in molti trattati gastronomici antichi; ne ricordiamo alcuni scanditi per secoli.
L'arte della cucina del Seicento vanta un trattato di gastronomia del frate genovese Francesco Fulvio Frugoni (1620-1686) dal titolo Libreria de' Gastrimargi che ben si colloca nel panorama dei trattati della gastronomia seicentesca. Si tratta di un catalogo di libri immaginari che riguardano la materia gastronomica.
Fra i trattati di arte culinaria del XVIII secolo, la cucina genovese compare nel famosissimo Apicio moderno di Francesco Leonardi che fornisce - ad esempio - una gustosa ricetta di "Bocconcetti alla genovese". "Pestate nel mortaio un poco di scorretta di cedrato candita, aggiungeteci sei rossi d'uovi duri, zucchero a proporzione, un poco di cannella fina e tre once di midollo di manzo ben pulito; mescolate il tutto bene. Stendete una sfoglia di pasta brisé ben sottile, ovvero dei retagli di pasta sfoglia ben maneggiati, poneteci sopra diversi mucchietti della composizione suddetta, diritti, grossi come il dito mignolo e lunghi mezzo pollice, che formarete sopra la tavola con un pochino di farina; indorate all'intorno con uovo sbattuto, coprite colla medesima pasta, tagliateli con un tagliapasta da bocconotti e saldateli colle dita bene all'intorno, fateli friggere di bel colore, e serviteli spolverizzati di zucchero fine."
Così come compare nel trattato La nuova cucina economica del romano Vincenzo Agnolotti pubblicato per la prima volta a Milano nel 1819. In esso è fornita una ricetta denominata "Insalatine alla genovese", un modo per rifare carne o pesce o salume tagliato a dadini e condito con capperi e "cavolo fiore o dadini di asparagi, zucchetti, fagioletti o di qualunque altr'erba cotta" che sarà condita con una salsa a base di olio, aceto, sugo di limone, sale, pepe pesto, mostarda. E continua "unitevi dei dadini di uova dure, code di gamberi e tutt'altro come nel "cappone di galera"", una vivanda così denominata perché originariamente confezionata a bordo delle galee.
È inoltre fornita la ricetta delle "Panizze alla genovese", una sorta di farinata di ceci, una "polenta tenera e ben cotta".
Cibo povero e semplice, destinato al mangiare quotidiano dei meno abbienti, al quale segue poi l'elaborato e ricco "Timballo alla genovese". "Abbiate delle frittatine sottili le quali taglierete ad uso di piccoli mostaccioletti, poneteli in un poco di besciamella dentro una cazzarola e fate stringere al fuoco la composizione, mettendovi, nell'atto di levarla dal fuoco, un pezzo di butirro, due pugni di parmegiano grattato ed un poco di canella in polvere. Quando sarà fredda, uniteci quattro o cinque uova sbattute e versate la composizione dentro una cazzarola bene imbutirrata e spolverizzata di pane grattato; fate cuocere il timballo ad un forno temperato e servitelo con sopra un'idea di culì."
Molte sono le ricette "di terra" sopravvissute attraverso i secoli, dalle troffie al pesto, alla farinata, alla trippa alla genovese molto più delicata rispetto a quella di altre regioni italiane perché arricchita di funghi e pinoli, ai "pansotti" ripieni principalmente di verdure cotte al forno, conditi con sughi molto semplici come la salsa di noci.
Vi è poi la cucina "di mare". Cucina marinara con pesci e crostacei da scoglio e profondità come quelli del Golfo Ligure. Pesci azzurri come le acciughe, i limonetti e gli splendidi bianchetti, oppure altri quali i pesci luna, i saragli ed i branzini. Inoltre i crostacei come i magnifici gamberoni rossi di Santa Margherita e Porto Maurizio ed i "batti-batti" di La Spezia (specie di astici così chiamati poiché battono le chele sugli scogli).
La cucina ligure è stata anche arricchita da apporti esterni poiché, nel corso dei secoli, i commerci attivati dalla Repubblica Marinara di Genova, hanno introdotto l'uso di alimenti come lo stoccafisso ed il baccalà, prodotti in paesi lontani ma che hanno dato vita ad una molteplicità di piatti dal gusto forte come la zuppa detta "Buridda".
La vicinanza con la Francia ha contribuito a scambi di cui troviamo tracce qua e là. Tracce e segnali che animavano tutto il sud-ovest dell'Europa: è infatti incredibile quanti elementi gastronomici ricorrenti vi siano fra la cucina ligure, e quella catalana, quella provenzale e quella portoghese. Il pesce per eccellenza è quello conservato: l'azzurro, oppure merluzzo, confezionati e sapientemente manipolati.
Genova nella storia del nostro paese e del mondo ha avuto un ruolo da protagonista di primo piano. La sua importanza come città-porto, la portò ad essere crocevia di culture, arti ed anche, conseguentemente al benessere economico, regina della tavola. Il Rinascimento è certamente il periodo di massimo splendore: a Genova vi erano botteghe di ogni sorta e persino la corporazione dei "Maccheroni"; i cuochi genovesi erano già tra i più famosi del tempo e venivano contesi in varie città d'Italia con la possibilità di arricchire questa cucina con varie esperienze. Lo stoccafisso e il baccalà, ad esempio, in Liguria conoscono mille usi e ricette anche se la loro provenienza è lontana.
L'autentica cucina ligure inizia a svilupparsi dopo il '700, abbastanza priva dalle massicce influenze francesi, riesce a mantenere un suo preciso carattere mediterraneo. Le salse preparate nel mortaio sono di influenza saracena (pesto, salsa di noci) ed è solamente in questo periodo che fa la sua prima comparsa il pomodoro. Questa ricchezza di prodotti di scambio viene ad unirsi alla infinita gamma di prodotti della terra, che, grazie ad un microclima umido ed eccezionale per il nord Italia, creò una varietà di ortaggi e frutti tale da racchiudere la quasi totalità del coltivabile.
Le principali ricette liguri sono:
primi piatti: troffie al pesto, trenette avvantagiae (pesto, patate e fagiolini), testatori al pesto (dischetti di pasta cotti sulla piastra - un tempo sui testi e per questo si chiamano testatori o testaroli - e conditi col pesto), pansotti (ravioli di magro) con salsa di noci, ravioli al ragù di funghi, minestrone alla genovese, minestra di bianchetti, minestra di lattuga ripiena, risotto di carciofi, risotto con asparagi, zuppa di ceci.
secondi piatti: coniglio con le olive, stoccafisso accomodato, burrida di stoccafisso, sgombri con piselli, cima alla ligure ripiena, coda di stoccafisso ripiena, pesce al forno con patate e pinoli, con patate e carciofi, con patate e asparagi, bianchetti con carciofi, calamari ripieni, zimin di seppie, vitello all'uccelletto con carciofi.
piatti vari: torta Pasqualina, frittatina con bianchetti, tomaxelle, torta di verdura, farinata di ceci, farinata di grano, cappon magro.
dolci: panettone genovese, amaretti di Sassello, torta di zucca, budino alle uova.
I piatti citati no n sono che alcuni esempi della ricchissima gamma di proposte e di varianti che la cucina ligure può offrire. Piatti realizzati con elementi molto vari e variati che rispecchiano la storia e la posizione geografica di questa terra, come il carattere forte, laborioso e parsimonioso dei suoi abitanti. Le ricette liguri infatti sono tutte saporite, elaborate e in genere poco dispendiose perché il loro "pathos" deriva per lo più dai profumi delle erbe usate in buona quantità e dai contorni che si avvalgono della ricchezza di ortaggi sapientemente cucinati.

La Riviera di Ponente
È il tratto di costa ligure che si estende da Genova a Mentone: costiera alta in cui però se le dorsali montuose si spingono fino al mare con rocciosi promontori, fra l'una e l'altra si aprono numerose e pittoresche insenature nelle quali trovano posto paesi e città, fra una vegetazione rigogliosa di frutteti, oliveti, boschi e giardini: qui prospera infatti la coltura dei fiori accanto a quella degli ortaggi e degli alberi da frutta. Vi si apre la fertile piana di Albenga ricca di pescheti, di viti, di giardini. Il clima mitissimo consente un turismo anche invernale che si è sviluppato in centri come Bordighera, San Remo, Alassio, Albenga, Finale Ligure ecc.
La cucina di questa zona è dominata dai prodotti del mare che, anche se non particolarmente pescoso è abbastanza ricco di pesci pregiati come il branzino, l'orata, la mormora. Grande risorsa di questo mare è quella delle acciughe che i pescivendoli di Genova un tempo portavano con i loro carretti nelle strade al grido «Vendo l'argento del mare!». Oggi anche sotto l'influenza francese nella costiera di Ponente le acciughe sono usate soprattutto per fare salse e paté, proposte elaborate che si estendono anche alle olive di cui è famoso appunto il paté detto anche per il colore scuro e per la consistenza caviale dei poveri, che è una delle più raffinate specialità degli olivicoltori della Liguria, e di quelli imperiesi in primo luogo. Si ottiene snocciolando le olive mature e macinandole in modo da trasformarle in una pasta morbida dal gusto spiccato di oliva e leggermente piccante per l'aggiunta di sale. Utilizzato soprattutto come antipasto, da spalmare su crostini di pane, il paté è anche un prezioso ingrediente per arricchire il gusto di un fondo di cottura, di un sugo leggero per una pastasciutta.
Un arricchimento caratteristico di questa cucina è anche quello dei pomodori secchi; l'essiccazione dei pomodori è soprattutto appannaggio degli orticoltori imperiesi e sanremesi. Il risultato è analogo a quello di produzioni simili che si possono trovare nelle regioni meridionali, soprattutto Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, ma i pomodori sanremesi, pur secchi, rimangono più carnosi e morbidi. Vengono poi conservati in barattoli d'olio e consumati come accompagnamento di antipasti o come ingrediente di particolari insalate. Anche l'olio che li ha conservati trova utilizzo per insaporire varie preparazioni.
Per ritornare al pesce, ricordiamo che in questa zona la cucina marinara è particolarmente elaborata rispetto a quella della riviera di Levante probabilmente per l'influenza della gastronomia francese dovuta sia alla vicinanza geografica sia a ragioni storiche.
Un piatto trionfale che si può gustare da Genova lungo tutta la costa di Ponente è il «cappon magro»: un piatto a base di pesce accoppiato con le verdure che a buona ragione è ritenuto la più sontuosa realizzazione della gastronomia ligure.
Esige una lunghissima preparazione e vuole anche - come avvertono i compilatori della antica Cuciniera genovese, il ricettario che per primo, all'inizio del secolo scorso, fissò sulla carta il tesoro di una lunga tradizione - "che non si badi a spese". Piatto di magro, come dice il nome, il più ricco piatto di magro della cucina italiana, probabilmente, e certo uno dei più spettacolari. Nel gran vassoio di portata si stende innanzitutto un letto odoroso di galletta ammorbidita, spezzata e condita. È la stessa galletta che una volta era il pane di bordo perché resisteva al salino, alla durata delle traversate e perché veniva disdegnata dai topi di stiva e di sentina: oggi non la si produce quasi più, ma va detto che qualunque surrogato risulta inadeguato al modello.
Sulla galletta si mettono quindi le verdure - cavoli, sedani, patate, carote, fagiolini, barbabietole - preventivamente lessate, fatte a tocchetti e condite con salsa verde. È poi la volta del pesce, lessato anch'esso: ombrina o nasello, deve essere comunque un pesce "fino". Si forma così una piramide, una scenografica alzata che va infine scolpita con una colata di salsa verde a base di acciughe e prezzemolo sulla quale si dispongono spicchi d'uova sode e di carciofi, gamberi sgusciati, olive, funghetti sott'olio.
In trionfo, sulla sommità, dicono le prescrizioni canoniche, un'aragosta intera e, a guarnizione, due dozzine di ostriche. Una vera e propria esaltazione gastronomica che riunisce tutti i tempi, i sapori, i profumi più tipicamente liguri in una spettacolarità di cultura francese.
Altro piatto di pesce elaborato e ricco è la «buridda», un piatto che prevede i seguenti ingredienti: pesce scelto, pomodori maturi, cipolla, aglio, prezzemolo, funghi secchi, noci, acciughe, vino bianco secco. Fra le varianti della preparazione la più fedele a un'antica tradizione è la seguente: scegliere tra grongo, nasello, branzino, orata, luccio, ecc. almeno tre qualità di pesce, in totale circa un chilo. Preparare un trito di cipolla, aglio e prezzemolo; appena rosolato unire i pomodori maturi, spellati, privati dei semi e tagliati a pezzi. Pestare nel mortaio i funghi secchi, prima rinvenuti in acqua tiepida, con i gherigli di noci e le acciughe dissalate. Lavorare l'impasto con un po' di vino bianco secco. Versarlo nel tegame con la salsa di pomodoro e mescolare bene. Intanto squamare, diliscare il pesce e tagliarlo a pezzi. Porre i pezzi sulla salsa, senza sovrapporli e portarli a cottura a fuoco moderato. Servire con pane tostato aromatizzato all'aglio.
Nella gastronomia della riviera di Ponente il pesce ha il dominio assoluto perché è l'elemento fondamentale anche per i primi piatti: risotti, ravioli, pasta asciutta o in forno. I ravioli - sembra - sono nati in Liguria, anche se poi hanno trovato in Emilia il loro massimo trionfo. In realtà, il ripieno ligure è particolare perché punta più sul "magro" che sul "grasso": più verdure, più uova, più formaggio, più erbe, più funghi (gli stupendi funghi dell'Appennino, presenza insostituibile di moltissime ricette liguri), che carne, salumi, condimenti. Da qualche anno sono tornati in alcuni ristoranti i ravioli di pesce: a San Remo si chiamano «zembi d'arzilla», nome di derivazione araba; e si condiscono con sugo di pesce con risultato molto delicato.
Ma un posto ragguardevole hanno gli ortaggi, sempre presenti sulla tavola in diverse varietà. Spesso cotti al vapore e serviti al dente secondo un'usanza decisamente francese, con funzione decorativa nei piatti di portata nei quali non manca mai un'estrosa componente decorativa in più: un mazzetto di prezzemolo, una rosellina di carota, un letto di foglie di insalata ecc. ecc.
Per quanto riguarda i dolci, ne ricordiamo due antichi, le cui ricette, nate probabilmente nel nostro paese, sono emigrate in terra francese al seguito di Caterina o Maria de' Medici, e sono ritornate come proposta della gastronomia tipicamente francese diffondendosi soprattutto nella riviera ligure di Ponente e nell'Emilia. Si tratta del «latte dolce» e del «bianco mangiare». Il primo è una crema fritta molto semplice la cui ricetta più in uso è la seguente: un litro di latte, 150 grammi di farina bianca, 150 grammi di zucchero, quattro uova, pangrattato, olio d'oliva, scorza di limone. Stemperare nel latte la farina setacciata, unire lo zucchero, la scorza di un limone grattugiata e le uova sbattute. Cuocere, sempre mescolando, fino a ottenere una crema consistente. Stenderla in un recipiente rettangolare, leggermente unto d'olio e lasciar raffreddare. Tagliare la crema a rombi, passarla nell'uovo sbattuto e nel pangrattato e ripassarla nel burro rigirandola con attenzione. Per il «bianco mangiare» le varianti sono moltissime; presentiamo qui una ricetta molto semplice che prevede come ingredienti: 250 grammi di mandorle, 200 grammi di zucchero, quattro fogli di colla di pesce e una preparazione che richiede molta pazienza, soprattutto per lavorare al mortaio, indispensabile per la conservazione dei sapori e per ottenere la giusta consistenza. Pestare le mandorle sgusciate e spellate, nel mortaio, aggiungendo, poco alla volta, un po' d'acqua. Versare su questa pasta ¾ d'acqua circa. Mescolare bene, versare il composto in un tovagliolo appoggiato su di una terrina e strizzare fortemente. Unire al composto lo zucchero e scioglierlo mescolando. Unire i fogli di colla di pesce, prima ammorbidita in acqua calda, versare in uno stampo rettangolare unto leggermente d'olio e porre in frigo per alcune ore. Servire a fette.
Naturalmente non manca la cucina povera, quella dei pescatori ai quali è riservato il pesce meno pregiato, il pesce azzurro ad esempio. Nel panorama dei prodotti tipici della zona occupano un posto di rilievo alcune specialità che originali non sono, ma vennero acquisite da esperienze forestiere, frutto degli intensi scambi marittimi. È il caso dell'utilizzo della farina di ceci, comune a tutto il Medio Oriente, o dello stoccafisso importato dalla Norvegia come cibo povero ma inseritosi d'autorità nella tradizione gastronomica di Genova e delle due Riviere. Un discorso a parte meritano l'olio d'oliva che, soprattutto nella provincia di Imperia, tocca vertici di qualità assoluti, e i prodotti ortofrutticoli, primi fra tutti i carciofi di Albenga, che si prestano a preparazioni e conserve diffuse in tutto il mondo.

La Riviera di Levante
È così denominata la zona costiera della Liguria che si espande da Genova al Golfo di La Spezia. La caratteristica dominante è quella di una costa alta e rocciosa poiché le catene montuose corrono vicinissime al mare. Scogliere a picco sono nel tratto delle Cinque Terre; poi si aprono piccole insenature tra colli coperti di folta vegetazione; il tratto fra Sestri Levante e Genova è caratterizzato dal promontorio di Portofino, famoso centro turistico di grande mondanità assieme a quello di Santa Margherita.
La cucina di mare appartenente alla tradizione ligure di questo tratto di costa ha saputo resistere a ogni moda e mantenere le proprie caratteristiche di semplicità e genuinità che si ritrovano anche nel paesaggio dove la casa con il caratteristico colore rosa, dritta sul costone che scende precipitando nel mare, è abbracciata dagli ulivi. Alle sue spalle, sulle strette "fasce" che scalinano il monte, si allineano i piccoli vigneti inebriati di sole e di salmastro.
Dietro la casa c'è l'orto, diviso in più scampoli di terra: qui un quadratino per il basilico e le erbette, là i filari di pomodori e l'insalata, le zucchine (anzi, gli zucchini), le bietole e i fagiolini. Ecco i fiorellini blu della borragine, i ciuffi del rosmarino puntuto, ecco le foglioline argentee della salvia, quelle verde brillante del prezzemolo e quelle verde spento della maggiorana.
In pochi metri, c'è il segreto di una tavola semplice e odorosa, povera di ingredienti e ricca di fantasia.
La casa non è un elemento preso a caso per introdurre la cucina ligure. Per gente abituata da secoli a trovare lavoro e fortuna sul mare, a navigare per stagioni e stagioni, la casa è sempre stata porto, rifugio, àncora, nostalgia, radici. È il simbolo della terraferma, della famiglia e del riposo. E se accanto alla casa c'è l'orto, un po' di vigna, qualche olivo e - naturalmente - si vede il mare, allora c'è proprio tutto quanto basta.
La natura in Liguria ha una doppia faccia: da una parte benigna e serena, anzi leggiadra, nel clima, nei colori, nella vegetazione lussureggiante. Dall'altra arcigna e difficile nella scarsità delle risorse e nella mancanza di spazio pianeggiante, che ha costretto la gente a infittirsi verticalmente sulla costa nei primi grattacieli della storia, a tagliare a forza di braccia la montagna per ricavare lo spazio dove coltivare, a industriarsi ovunque e comunque per trovare il posto dove insediarsi e vivere.
Gastronomia caratterizzata dalla semplicità - dunque - quella propria di questa zona costiera, nella quale sono fondamentali anche qui due elementi, gli ortaggi e il pesce; ma le preparazioni sono decisamente più semplici e più povere; il pesce in particolare è per lo più cucinato alla griglia e servito senza salse oppure in forma di zuppa.
Le ricette sono molte e tutti i pesci, anche i più modesti, vengono impiegati per dare sapore alla zuppa o "ciuppin", per il fragrante antipasto di mare, per la croccante frittura, per la buridda. E lo stoccafisso, d'origine nordica, lo stesso che per comodità di conservazione era piatto fisso sui brigantini e sulle golette d'un tempo, è il protagonista - "accomodato" in tegame con olive, patate e pinoli - di un piatto molto caratteristico.
La cucina di questo tratto di costa, più semplice, più parsimoniosa rispetto a quella della riviera di Ponente dà largo spazio anche alla cucina povera di terra: poiché la natura del suolo non può fornire le condizioni per l'allevamento dei bovini, la carne entra con modestia in cucina, spesso anche nelle sue parti meno nobili, che tuttavia vengono interpretate con originalità.
Piatto popolare è la trippa, che viene accostata alle patate secondo una "maniera" tipicamente ligure e che, in brodo, dà luogo a una zuppa, la «sbira». Il più tipico piatto di carne ligure è la «cima» ripiena, dove in realtà la carne è pochissima; dentro una tasca di vitello si pongono infatti molte altre cose: animelle, cervella, piselli, uova, verdure.
A voler cercare altri punti di forza di questa cucina, si devono citare i fritti, che vedono in primo luogo - naturalmente - verdure, funghi e pesci (a Genova un detto popolare ricorda che "fritta è buona persino una scarpa") e che si avvalgono dello squisito olio della Riviera, condimento peraltro unico della tavola tradizionale.
Per quanto riguarda i dolci domina Genova, spartiacque fra le due riviere, a parte il natalizio «pandolce» presente un po' ovunque: un pane imbottito di uvetta, canditi, pinoli, c'è una straordinaria dovizia nella confetteria e un primato nella produzione dei canditi. A chi si trova a Genova in vena di scoperte gastronomiche si consiglia, oltre a una capatina nelle popolarissime friggitorie della zona dei carrugi dietro il porto, una visita alle antiche pasticcerie-confetterie che, poco distanti, aprono le loro vetrine settecentesche mettendo in mostra come gioiellerie squisiti dolci di zucchero, marzapane e cioccolato e rosoli in confezioni deliziose. Sarà anche il modo di ritrovare per un attimo la tradizione elegante della Genova "bene", l'espressione di una città che fu una grande potenza e dove le famiglie nobili, amanti dell'arte e del bello, si circondavano di lusso e raffinatezze incredibili. Certamente alla loro tavola si servivano piatti elaborati e trionfali, arricchiti di spezie; i possedimenti più importanti di Genova erano in Oriente e i velieri genovesi portavano in tutto il Mediterraneo i preziosi prodotti orientali.

L'Entroterra
C'è una Liguria meno visitata, schiva e riservata, che nulla ha a che vedere con le seduzioni del mare e la mondanità dei centri costieri. È la Liguria dell'entroterra, la Liguria di pietra, delle rocce mescolate alla natura selvaggia, dei torrenti dai massi levigati con i loro piccoli ponti dalle arcate eleganti, dei sentieri circondati da ulivi e muri a secco, interrotti da antichi borghi.
È la parte meno conosciuta di questa regione che ha una profondità irrisoria, mai più di trenta chilometri, che è la più piccola regione d'Italia da quando, nel VI secolo, l'invasione longobarda cancellò definitivamente la provincia ligure dalla riforma dell'imperatore romano Diocleziano (245-313) riducendo al solo litorale la superstite area di influenza bizantina.
Una terra avara, che gli abitanti hanno imparato a sfruttare lottando con i dislivelli, scavando terrazzamenti (le tipiche fasce), piantando ulivi e vigneti, trasformando in coltivazioni di ortaggi pregiati le rare zone realmente coltivabili. In questo universo è nata una gastronomia che ha le sue basi principali nell'olio, negli animali dell'aia, nelle produzioni dei frutteti e degli orti, in tutto quello che offre il sottobosco e, soprattutto, nelle erbe aromatiche spontanee o coltivate che racchiudono come un'unica, profumata cornice, tutti i piatti della regione. Fra tutte le erbe aromatiche domina il basilico che in questa terra cresce con un sapore diverso da qualunque altro in Italia, base del famoso pesto che ha anche come ingredienti aglio, pinoli, olio d'oliva extravergine, formaggio pecorino e/o parmigiano: con questi semplicissimi ingredienti il pesto genovese è considerato la più grande salsa cruda della cucina mondiale. Occorrono foglioline tenere di basilico giovane, vanno eliminate quelle troppo grandi e le pianticelle cresciute troppo perché il basilico a quel punto acquista un sapore mentolato che danneggia la preparazione. Anche se oggi sono sempre più numerosi i cuochi e le massaie che ricorrono al mixer o al frullatore, è fuor di dubbio che il pesto vero va lavorato nel mortaio di marmo, perché il metallo altera i sapori. Si comincia con il basilico e l'aglio, battendo e schiacciando con il pestello fino a quando i due ingredienti sono ridotti a poltiglia; si aggiungono a questo punto i pinoli e si continua versando l'olio. Si completa infine con il formaggio: la regola vorrebbe metà pecorino e metà parmigiano, ma c'è chi usa solo il primo e chi modifica a piacere le quantità secondo il proprio gusto. Altra salsa cruda è quella fatta con le noci la cui ricetta tradizionale prevede l'impiego di noci pestate con mollica di pane intinta nel latte, aglio, olio di oliva, parmigiano grattugiato e foglioline di maggiorana, ma c'è chi aggiunge qualche pinolo e un secondo tipo di formaggio, come prescinsea o ricotta. Ideale condimento di piatti a base di pasta fresca, ha la consistenza di una densa crema e si sposa alla perfezione con i «pansoti», gnocchetti di patate o tagliolini.
Per quanto riguarda le erbe aromatiche ricordiamo il preggiobon, un insieme di erbe spontanee che comprende bietole, dente di cane, borragine, cerfoglio, cappuccio selvatico, pimpinella e altro. Sbollentate e scolate bene, queste erbe vengono tritate e utilizzate nel ripieno dei ravioli liguri insieme con ricotta e carne. L'origine del nome è incerta: alcuni la fanno risalire al passaggio da Genova di Goffredo di Buglione, i cui soldati andavano a cercare cibo "pro Buglione", ma è un'ipotesi molto fantasiosa. Il "preboggion" si trova, dalla primavera avanzata all'autunno, presso le bancarelle dei vari mercati ortofrutticoli.
Anche i pochi legumi che esistono sono quindi legati alla tradizione dell'orto o di piccole produzioni a livello familiare. Assolutamente tipici, in questo quadro, i fagioli che hanno trovato, soprattutto nell'entroterra imperiese, l'habitat ideale per raggiungere una qualità straordinaria. I ceci, dei quali si usa soprattutto la farina, sono molto in uso tanto che questa terra non ne produce a sufficienza per il fabbisogno.
Nonostante la ristrettezza del territorio, la tradizione casearia ligure affonda le sue radici negli anni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento, quando le montagne della regione erano gremite di greggi di pecore che, pascolando sui versanti esposti verso il mare, erano sottoposte a limitate transumanze tanto da considerarsi praticamente stanziali. Con le trasformazioni sociali avvenute soprattutto dopo la seconda guerra mondiale la pastorizia è andata diminuendo d'importanza. Sopravvivono però, soprattutto nell'entroterra imperiese e savonese, e in quello chiavarese sulla Riviera di Levante, alcune produzioni interessanti. Nella parte più alta, sulle pendici del Colle di Nava o fra le alture alle spalle della Riviera di Levante, prevale l'allevamento bovino con la conseguente preparazione di tome e caciotte di latte vaccino. Si tratta sempre di prodotti di limitata quantità provenienti da piccoli caseifici molto spesso a conduzione familiare. Molto tipica è anche la produzione delle caratteristiche formaggette o robiole, ottenute dall'unione di latte di pecora e capra, talvolta anche da uno solo dei due, che si mangiano con una stagionatura limitata a due o tre settimane.
Ortaggi, erbe aromatiche, formaggi, ricotta e uova sono anche i protagonisti delle molte torte di erbe che spesso sostituiscono la carne che in Liguria non ha grande tradizione, limitata per lo più a quella degli animali da cortile (in particolare il coniglio). Fra tutte le torte d'erbe trionfa la «torta pasqualina» diffusa nell'entroterra ma anche nel litorale sia di levante che di ponente.
La «torta pasqualina» ha il ripieno a base di bietole o di carciofi, ma si nobilita per la presenza di uova assodate e soprattutto per la dovizia delle sfoglie che, leggere come carta velina, ricoprono l'impasto. Secondo la tradizione, la cuoca impiegata nella preparazione di questo famoso piatto deve avere una abilità particolare nel tirare la sfoglia a velo passandola da un pugno all'altro con movimento preciso e rapidissimo, e nel tenderla sul ripieno in modo che rimanga sollevata a cupola.
Nella versione canonica, sempre più introvabile, le sfoglie sono più di venti e la cuoca deve soffiare dentro ciascuna per farla gonfiare al punto giusto. Un piccolo capolavoro, che rimane tale quando la torta esce dal forno, alta e superba nella sua veste a tanti strati, dorata e cricchiante.
La pasqualina è forse, col pesto, la più tipica specialità genovese, il simbolo di una gastronomia che, partendo da ingredienti poveri, riesce ad arrivare, con grande fantasia e col dosaggio scrupoloso dei sapori, a risultati di assoluta originalità.
Anche la focaccia ligure è diffusa ovunque rappresentando una tradizione locale di grande penetrazione in tutta la regione. Questa focaccia è formata da pasta di pane condita con olio e sale oppure imbottita di tenera formaggetta del luogo o insaporita con le polpe delle olive appena tolte dal frantoio o cosparsa di sottilissime fette di cipolla o impastata con foglie di salvia o altre variazioni, tutte semplici e irresistibili. In nessun'altra regione d'Italia la focaccia ha raggiunto i vertici di perfezione nell'impasto, nella cottura, nella fragranza. Cibo povero, anzi poverissimo, eppure stupendo.
A Santa Giulia, una località sulle colline non lontano da Lavagna, la prima domenica di agosto, gli abitanti del luogo interpretano un'originale variante della classica focaccia, dal profumo particolarmente intenso, impiegando la salvia selvatica che cresce spontanea nella macchia mediterranea intorno al paese. La festa si tiene sulla panoramica piazza della chiesa, dove si gusta la focaccia accompagnandola con il vino bianco locale.
Il frumento entra nella cucina ligure di terra in molti usi perché con esso si confezionano vari piatti il cui principe è la «mesciua», una tipica ricetta dell'entroterra di La Spezia. Il termine letteralmente significa mescolanza. Questo piatto infatti è preparato con ceci, fagioli e frumento fatti bollire separatamente, rispettando i diversi tempi di cottura, quindi conditi generosamente con sale, pepe nero e olio d'oliva. Retaggio di una tradizione legata alle vicende del porto commerciale della città è incentrata su pochi, genuini prodotti, la «mesciua» è ai giorni nostri il simbolo dei sapori di ieri, una pietanza povera che in origine sfruttava i cereali e i legumi racimolati sul fondo dei sacchi di juta. Nella ricetta antica comparivano anche le fave, poi tralasciate nella versione moderna perché responsabili di scurire troppo il brodo. Servita bollente in inverno e tiepida nella bella stagione, la «mesciua» è quindi una zuppa semplice, ma che ben cucinata diviene un'autentica leccornia.
Nonostante i rapporti intrattenuti dalla Liguria con tutto il Mediterraneo, nella cucina ligure quale ci è arrivata non c'è quasi traccia di droghe né di spezie. Si spolverano, al momento di servire, di pepe macinato grossolanamente (ma non è tassativo) la farinata e la mesciua, due specialità "povere"; la prima è una schiacciata a base di farina di ceci che si pone in forno in larghissime teglie rotonde e si taglia a rombi nei negozi più tipici e popolari che espongono anche l'insegna «torte e farinata», la seconda è una zuppa del territorio spezzino. Un cibo elementare, energetico e proteico, che viene ingioiellato d'olio crudo e rinvigorito con la spezia d'Oriente (la toscana "peposa" è vicina, non a caso).
Anche l'arte dolciaria ligure si è sviluppata nei secoli attorno alle possibilità offerte dagli aromi naturali della terra. I semi di anice e di finocchio, per esempio, sono entrati nella biscotteria e oggi ogni paese ha la propria specialità in questo settore. Nell'Imperiese soprattutto a Ponte d'Assio e a Pieve di Teco, sono caratteristici i biscotti rettangolari con un accentuato profumo di anice, molto leggeri e spugnosi, ideali da inzuppare nel latte. Altrettanto tipica è la pasticceria minuta, generalmente formine di pasta frolla riempite con confettura di frutta.
Fra queste ricordiamo gli amaretti detti di Sassello perché - anche se la produzione è diffusa in molti centri di questa regione - in assoluto più famosi e apprezzati sono quelli di Sassello, località nell'entroterra di Savona. Si tratta di biscotti morbidi, molto leggeri e friabili, fatti con mandorle pestate alle quali sono aggiunte pochissime mandorle amare, albumi d'uovo e zucchero.
Nell'entroterra di La Spezia e soprattutto a Sarzana il dolce caratteristico è la spungata, considerata simbolo gastronomico cittadino. L'origine è molto antica, la si fa risalire addirittura ai latini. Il nome deriva infatti da spongia, cioè spugna per l'aspetto spugnoso e irregolare nella parte superiore. Un ricercatore ne ha individuato possibile traccia in un passo dei libro dei Fasti di Ovidio, dove sono descritti i doni in uso a Roma per l'anno nuovo: "...et data sub niveo condita mello favo" sembra un riferimento al modo di confezionare la spungata, appunto fatta di miele e bucherellata come un favo. La spungata è un dolce a forma di torta, costituito da una base di pasta sfoglia riempita con marmellata di mele e pere ricca di pezzi di frutta, altra frutta candita, pinoli e mandorle, quindi ricoperta da un secondo strato di sfoglia che viene bucato fittamente per facilitare la cottura interna, infine modellato con uno stampo di legno.
La spungata prima del consumo va messa in forno tiepido, a 100°C, per dar modo al ripieno di assumere una consistenza cremosa.
Nell'ambito dell'arte dolciaria ligure è da ricordare la festa della famosa torta dei Fieschi che si svolge ogni anno nella cittadina di Lavagna, un tempo contea della potente casata dei Fieschi, che accoglie ogni 14 agosto una magnifica rievocazione del fastoso sposalizio tra Opizzo Fieschi e la nobildonna senese Bianca de' Bianchi, avvenuto nel 1230. I Fieschi rappresentarono a lungo un punto di riferimento nella vita politica genovese e uno di loro divenne anche papa: non stupisce quindi che ancora oggi sia vivo il ricordo di un matrimonio avvenuto secoli or sono. La manifestazione si apre con un corteo storico in costume lungo le antiche strade cittadine; è poi la volta del torneo cavalleresco, al termine del quale si distribuiscono le fette di una gigantesca torta nuziale preparata dai maestri pasticcieri, che può raggiungere i quattordici quintali di peso.
Una festa che testimonia antiche tradizioni, ma anche la grande semplicità del popolo ligure che tesaurizza piccole cose: il ricordo di una grande festa e un dolce. Perché la gente di questa terra ha da sempre saputo far tesoro di tutto, valorizzare ciò che riusciva, anche con grandi sacrifici, a conquistarsi.
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